Monday, 18 January 2016

Dialetti

Ho appena visto questa pubblicità dove si parla dei dialetti italiani.

http://www.youtube.com/watch?v=cJKj2EKGc4Q

Essendo una dialettologa, adoro le differenze dialettali nelle lingue che studio. Però naturalmente non capisco niente quando si parla nei dialetti qui, negli spot.
L'idea è proprio affascinante malgrado i dialetti siano incomprensibili!

 

4 comments:

  1. Лучано Гаспарини19 January 2016 at 18:45

    Cara Anastasia,

    la maggior parte delle lingue naturali, parlate da un sufficiente numero di persone, tendono per natura a differenziarsi nelle zone in cui sono parlate, per lessico, sintassi, pronuncia e anche grammatica, a causa di vari fattori come le influenze storiche e attuali con le parlate vicine.
    Persino il russo, considerato dai linguisti una lingua abbastanza omogenea nello sterminato territorio russo, presenta diverse varietà, la meridionale, la centrale e la settentrionale, che mi interessa particolarmente essendo caratterizzata dall'assenza della stramaledetta riduzione vocalica (chiamata anche akanje in russo), specialmente a Vologda. Come mi piacerebbe che fosse questa la varietà canonica in tutta la Russia! Invece le vicende storiche hanno fatto sì che, purtroppo, si affermasse come predominante la parlata di Moscova che pronuncia con molta approssimazione le vocali non accentate, e ora persino i russi devono ricordarsi quando scrivere la a e quando la o!
    Per cui è normale che anche l'italiano, lingua di una penisola con 2750 anni di storia e diretta discendente del latino abbia varietà, dialetti e influenze reciproche con lingue apparentate. Dialetti che molto spesso non sono intellegibili tra di loro, sia all'ascolto che alla lettura. Per di più, anche nell'italiano stesso esistono differenze sintattiche e lessicali nelle varie zone italofone.
    Tuttavia, in questi ultimi decenni ha avuto largo seguito una propaganda che equipara ai dialetti della lingua italiana delle parlate che, nonostante la comune radice neolatina, sono a tutti gli effetti lingue differenti dall'italiano, parlate in ben determinate zone della penisola o in quelle limitrofe; tale propaganda, mirando a imporre una unità linguistica a una nazione, non è accettabile nell'epoca della globalizzazione e della comunicazione di massa che pone la maggior marte degli idiomi minoritari in serio rischio di estinzione. Per questo il video in questione è molto poco attendibile, si tratta di indottrinamento della televisione da sempre asservita al regime di turno.
    Per esempio, il veneto, il sardo, il corso e il napoletano non sono dialetti dell'italiano, ma lingue che assieme all'italiano stesso costituiscono la famiglia delle lingue neolatine di ceppo italico. Per questo non puoi comprendere quello che si dice nel video, persino io non lo comprendo, tranne, ovviamente, la donna che parla siciliano.
    Il siciliano, sì, la lingua della mia isola, a sua volta caratterizzata da vari dialetti, i più importanti dei quali sono il palermitano e il catanese. Lingua che si dovrebbe insegnare nelle scuole ma che, per colpa di chi ragiona come in questo video, rimane fuori da quasi tutti i contesti sociali.
    Magari ci fossero più intellettuali come te, cara Anastasia, che curassero questo patrimonio della specie umana che sono le nostre circa 6000 lingue parlate nel mondo!

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  2. Grazie, caro Luciano, per questa interessantissima lezione! Non lo potrei formulare meglio, dal punto di visto linguistico hai perfettamente ragione! Certo, si dovrebbero coltuvare le lingue italiache (cosi si chiamava prima il gruppo delle lingue antiche in Italia, tra cui era il latino, l'umbro etc... perche non chiamare cosi anche quelle moderne, come il sicilioano o il sardo?). Ma i linguisti italiani si ocupano molto di queste lingue (o mi sbaglio?)

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  3. Grazie, caro Luciano, per questa interessantissima lezione! Non lo potrei formulare meglio, dal punto di visto linguistico hai perfettamente ragione! Certo, si dovrebbero coltuvare le lingue italiache (cosi si chiamava prima il gruppo delle lingue antiche in Italia, tra cui era il latino, l'umbro etc... perche non chiamare cosi anche quelle moderne, come il sicilioano o il sardo?). Ma i linguisti italiani si ocupano molto di queste lingue (o mi sbaglio?)

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  4. Лучано Гаспарини26 January 2016 at 13:42

    Cara Anastasia,

    purtroppo i linguisti italiani se ne stanno fregando di queste lingue; già se ne fregano della lingua italiana stessa, figurati delle lingue meno diffuse e in malafede considerate alla stregua di dialetti! Ci sono sempre alcuni appassionati che studiano i testi e i documenti, ma sono pochi, per cui è raro che qualcuno oggi scriva una grammatica, o un dizionario di una di queste lingue. A maggior ragione è introvabile un libro più didattico come un eserciziario o un'antologia per un pubblico giovane e/o parlante non nativo.
    Un altro fattore determinante è che si è prodotta poca letteratura negli ultimi due secoli in queste lingue, data la preponderanza dell'italiano, e le conseguenze sono: la diminuzione dell'interesse specie da parte di un pubblico più giovane, la difficoltà di tenere il lessico di queste lingue al passo con i tempi, e persino la mancanza di una canonizzazione dell'ortografia, perché i pochi scrittori oscillano tra le ortografie tradizionali, poco comprensibili, quelle calcate su quella italiana moderna, solitamente inadatte per via della differenza degli inventari fonemici, e a volte alcune create ex novo ma più razionali (purtroppo incomprensibili a chi non ha abbastanza passione per studiarsele; purtroppo la corrispondenza tra pronuncia e scrittura, secondo me una cosa fondamentale, non fa ancora parte delle priorità di linguisti, letterati e (men che meno) persone comuni).
    Terzo aspetto della questione, più sociolinguistico. Ancora negli anni '80 e '90, quando ero bambino io, persisteva una certa mentalità sbagliata, secondo la quale parlare una di queste lingue al posto dell'italiano era socialmente sconveniente, tipico di persone non scolarizzate e si doveva evitare. Così almeno era qui in Sicilia in quegli anni. Come conseguenza, il siciliano restò confinato in alcuni ben determinati contesti, come il teatro locale o le festività tradizionali, mentre, per esempio, non succede mai che un cliente entra in una profumeria o una banca e chiede di comprare un profumo o di aprire un contocorrente usando la lingua siciliana. Io stesso, se volessi parlare questa lingua, dovrei studiarla come una qualunque altra lingua straniera. E se in rete si trovano sequenze di pellicole o sceneggiati doppiate in siciliano, si tratta sempre di video satirici e non di doppiaggi "seri".
    Questi fattori che ho elencato si favoriscono tra di loro in un circolo vizioso. E l'unico modo per preservare questa ricchezza immateriale dal valore inestimabile è interromperlo, questo circolo vizioso. Cosa che, di questi tempi, mi sembra improbabile visto i problemi dell'Italia di oggi.
    Una precisazione: mentre lingue come il tosco e l'umbro non erano strettamente imparentate con il latino (anche se ovviamente ai lori tempi si influenzavano reciprocamente, e comunque parliamo di lingue derivate dal comune protoindoeuropeo), il siciliano, corso, ladino... sono sotto tutti gli aspetti lingue neolatine, come francese, catalano, spagnolo... anche se hanno ereditato un parziale substrato di lessico preromano.

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